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Ieri mattina sono tornata sull’Isonzo. L’avevamo attraversato a piedi durante la campagna per le europee, avevamo insistito sull’importanza di recuperare il rapporto con i nostri fiumi, così ricchi di storia, cultura, potenziale. A me e al collega Zullo (m5s) sono state consegnate le oltre 1600 firme raccolte dalle associazioni che si sono unite per salvare l’Isonzo, sia dal lato italiano che sloveno. Insieme, con spirito, questo sì, europeo. Perché l’Isonzo è proprio un fiume europeo. Per questo chiedono -e chiediamo- una gestione transfrontaliera comune, di un bene che è comune.

Una gestione che sia trasparente (mentre è difficile accedere agli atti della Commissione mista idroeconomica Italia-Slovenia) e che sia partecipata (le associazioni del territorio non vengono coinvolte nei lavori della commissione), che sia attenta alla sostenibilità ambientale. La situazione attuale, ci pare in aperta violazione dei principi fissati dalla direttiva Acque (2000/60/CE).

È evidente che le ricadute di scelte di gestione delle acque unilaterali da una parte del confine, si sentono anche a valle dall’altra parte. E l’interesse a preservare l’ecosistema isontino è però, crediamo, comune. Ci sono problemi sull’oscillazione della portata, e sulle sue conseguenze sulla fauna ittica e sull’irrigazione, altri problemi sugli scarichi fognari, sui rifiuti, sulle cave di ghiaia: problemi che si possono affrontare meglio insieme. Ci siamo impegnati ad accompagnare queste istanze a Bruxelles e seguirle da vicino.

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